Dal 2 al 17 Settembre 2017
Oratorio di Santa Maria Assunta
Via Rossignago
Spinea | Venezia
Scrive il critico d’arte Gaetano Salerno a proposito del lavoro dell’artista nel testo Ricerca del Mistero: “ Porsi di fronte ai lavori di Libera Carraro – una selezione critica di pitture e sculture scelte per questa personale – impone un dialogo con un universo segnico immediatamente criptico e complesso, l’accettazione dell’analisi e delle difficoltà interpretative della realtà fenomenica alla quale l’artista ci conduce e attraverso la quale affronta il mistero della rappresentazione. Un viaggio nel mondi possibili della visione, alla ricerca di presunte verità che l’arte contemporaneamente è in grado di celare e svelare, istruendo un percorso di conoscenza che, come in questo caso, vuole giungere a una sintesi degli elementi primordiali la cui continua e reiterata unione o disgregazione scandisce il ritmo dell’esistenza, la sussistenza della vita stessa che l’opera racchiude e tende a rappresentare.
Nelle forme pittoriche che l’artista utilizza per colmare le grandi tele, talvolta pregne di sostanza cromatica e talvolta lasciate libere di rivelarsi su considerevoli porzioni del bianco dello sfondo così come nei tagli precisi dei lavori scultorei dalle superfici metalliche delineate talvolta da tagli netti e geometrici, talvolta fluidi e rotondi, emerge la sperimentale figurazione di un nucleo espressivo che manifesta, nella sua struttura rappresentativa più intima, soltanto uno dei potenzialmente infiniti stadi compositivi e aggregativi della materia; un mutamento costante, lento ma inesorabile, muove infatti questi lavori, non ancora determinati (né giunti a determinanti stati di quiete), sempre sospesi in una metamorfica transizione.
Ciascuna pittura e ciascuna scultura, privata dei principi rassicuranti e appaganti della definizione, esprime una verità profetica e divinatoria, un mistero da ricevere e da intendere come uno dei molteplici stati interpretativi del reale dal quale distillare un senso primigenio e iniziale che Libera Carraro persegue da tempo attraverso una plurilinguistica e articolata ricerca che, prendendo a prestito le parole consegnate da Eraclito all’Oracolo di Delfi, “non dice né nasconde, ma indica”.
E, all’interno di un cerchio misterico accentuato dal particolare allestimento di questa mostra, è condensato il noumeno di un lungo cammino culturale; scandito da pensieri e ragionamenti divenuti materie tangibili (le iperboliche e colorate produzioni pittoriche, tecnica mista su tela, giustapposte e alternate alle scarne ed essenziali produzioni scultoree in ferro e fil di ferro) l’iter espositivo appare simile a un antico mystérion, un culto cioè rappresentativo, arcano e segreto, di natura iniziatica, attraverso il quale comprendere e spiegare la natura dell’Universo e intravedere le sue regole armoniche.
L’anima intrinseca della materia si libera perciò dalla sua forma stereotipata e codificata, rinuncia alla quiete dell’immediato svelamento che regola la visione e la composizione attraverso la messa a fuoco del soggetto, per dare origine a gesti pittorici e scultorei retti da automatismi emozionali che rendono naturale il passaggio tra res cogitans e res extensa e consentono al pensiero dell’artista di fluire oltre la gabbia raziocinante della posa e della linea per divenire pura azione, tra linguaggi formali e informali che restituiscono inalterata la forza propria degli elementi, rievocandone un valore enunciativo, mai puramente descrittivo […].
[…] Le quattro piccole sculture metalliche (tratte da una vasta e complessa ricerca) invadono lo spazio espositivo con la loro enigmatica pesantezza strutturale per alludere invece a incorporei e riflessivi voli dell’animo, spronandoci a ripercorrere gli eventi della nostra esistenza adottando una duplicità di vedute (come duplice appare sempre la loro natura che dalla bidimensione passa repentinamente alla tridimensionalità), necessaria per iniziare un percorso conoscitivo entro il mistero che ciascun’esistenza racchiude, fino a comprenderne l’aura magica oltre le loro limitanti barriere superficiali, luminose e opache, percorse da segni iconoclasti.I lavori pittorici invece alludono a una concretezza spiccatamente fisica e temporale: Verso l’autunno, Stella cadente, Il vento accarezza, Il verde illumina, riconducono l’analisi del reale a dati certi e inconfutabili, ricordando allo spettatore che la conoscenza del sé inizia dal particolare (frattale di una realtà immensa della quale noi stessi siamo elementi commensurabili) prima di estendersi e rivolgersi all’assoluto, nello spazio cioè in cui la materia si dissolve nella luce (Il miraggio che abbaglia) e il mistero (al quale allude il lavoro dell’artista) si svela in Emozioni liberate, Rapsodie e Ritmi vitali, beneficiando di Godimenti planetari, alla riscoperta delle Meraviglie del vivere, a quell’Attimo di vita che, oltre l’ignoto delle nostre esistenze terrene, diviene eterno […].
[…] Ecco allora che ciascun lavoro di questa breve ma significativa selezione appare come parte di un’unica e diffusa struttura che condensa sia l’assolutezza dell’uno sia l’interdipendenza con l’altro; e ciascun lavoro si annulla e si completa ed esiste nella sua forma riflessa, rappresenta un capitolo di un’illimitata narrazione che ciclicamente consente a questi pensieri (così come alle strutture vegetali che riproducono) di gemmare e di individuare nuovi, potenziali mondi intellettivi ed espressivi la cui misteriosa natura racchiude già in sé illuminanti spunti conoscitivi, apparentemente indecifrabili, in realtà facilmente intuibili, come nella metafora dell’elemento floreale e del suo mistero strutturale, tra le cui pieghe l’artista sembra saper intravedere il senso del tutto”.